La ‘latensificazione’ è uno dei processi fotochimici più affascinanti. Consiste nel pre-impressionare l’emulsione pellicolare con una luce (pre-flashing) di intensità sufficiente a colpire la zona del ‘velo’ nella curva caratteristica della pellicola.
Molte aree di un’immagine – catturata fotograficamente, mediante il sistema lente-otturatore-emulsione-diaframma-tempo-di-esposizione – possono non ricevere una ‘frittura’ fotonica sufficiente a essere ‘rilevate-rivelate’. Così, se l’emulsione viene invece pre-esposta, il punto-soglia di esposizione può essere ‘ridotto’, in modo tale da ‘evidenziare’ queste aree sub-latenti.
Tale tecnica è caratteristica e impiegata nell’astro-fotografia stellare, per esempio. Ma è uno dei grandi misteri dell’immagine fotografica. Ne parlava già Michelangelo Antonioni.
Cosa si nasconde in un’immagine? Quanto è possibile ‘vedere’ con la tecnica fotochimica? E quanto si può convertire elettronicamente oggi questo concetto? Cos’è un’immagine ‘elettronica’ in rapporto alla ‘latenza’ della luce?
Un’immagine non si rivela mai del tutto. Se non in quella pre-esposizione che sgambetta ogni possibilità di vedere o la anticipa. È come l’eco riverberato del suono, con un tempo-di-delay (di ritardo) negativo: vale a dire che gli armonici secondari vengono anticipati rispetto all’attacco stesso del suono.
Ciò che si sente prima è ciò che ‘viene’ dopo nel suono ‘reale’ senza riverbero. Ma che cos’è il suono ‘reale’? Che cos’è che si ‘ascolta’?
La latensificazione è come una specie di ‘sovrimpressione’. Ma non di due immagini diverse. Bensì della stessa immagine. La quale si rivela stratigrafata nel tempo di esposizione. I grani dei sali chimici non hanno una distribuzione uniforme sulla pellicola. E quando vengono ‘colpiti’ dalla luce tendono a rendere più ‘dense’ alcune aree e meno ‘dense’, più evanescenti, più fluttuanti altre aree dell’immagine.
Vediamo di più o di meno in una fotografia o in un film, rispetto alla nostra vista? Vediamo ‘nel tempo’ e ‘attraverso’ di esso, quando guardiamo una foto latensificata?
Forse c’è un’aura… come nell’effetto kirlian… anche senza l’ausilio del differenziale elettrico
applicato. Il differenziale è ‘fotonico’, non ‘elettromagnetico’ nella latensificazione.
O – in maniera anche più ‘infantile’ e misteriosa – forse sono i fantasmi che ci
guardano da un film. O siamo noi i fantasmi e loro i veri spettatori della luce.